10 Marzo 2019
Papillomavirus (Hpv): strategie di prevenzione e comunicazione
autore Dott. Andrea Delbarba
Il Papillomavirus (Hpv) è l’agente virale responsabile del carcinoma della cervice uterina, della vulva, della vagina, dell’ano, del pene e dell’orofaringe, di lesioni precancerose e delle lesioni genitali esterne note come condilomi. Anche gli uomini non sono esenti dal rischio di contrarre l’Hpv, nonostante il Papillomavirus risulti ancora costantemente associato al sesso femminile.
Molto è stato fatto fino ad oggi in termini di prevenzione. Per esempio l’effettuazione periodica del Pap test rappresenta un gesto concreto di prevenzione verso il tumore del collo dell’utero, il più rappresentativo tra le neoplasie Hpv correlate. Nel 2015 il pap test è stato effettuato dal 78,5% delle donne. La campagna vaccinale contro alcuni tipi di Hpv tra cui il 16 e il 18, responsabili del 70% dei tumori al collo dell’utero, è esordita nel 2007. Più recentemente il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (Pnpv) 2017- 2019, ha ulteriormente esteso la fascia d’età in cui la somministrazione del vaccino è totalmente a carico del SSN. Tuttavia, i dati pubblicati dal Ministero della Salute sulle coperture del vaccino anti-Hpv nazionali e regionali, aggiornate al 31 dicembre 2017, si attestano al 64,4% per la prima dose e al 49,9% per il ciclo completo nelle ragazze confermando un andamento in negativo già osservato negli anni precedenti. Siamo pertanto lontani da quanto auspicato dal Pnpv che aspira al raggiungimento di una soglia ottimale del 95% entro la fine del 2019.
I dati sulle coperture mettono dunque in luce l’esistenza di una difficoltà all’aumento delle coperture ed allo sviluppo di una cultura della vaccinazione anti Hpv nelle famiglie italiane, che merita una riflessione approfondita. L’obiettivo di questo studio del Censis è stato dunque quello di analizzare il legame tra atteggiamento nei confronti della patologie tumorali Hpv correlate e lo sviluppo delle strategie di prevenzione. L’indagine 2019 ha preso in esame due diversi campioni, il primo composto da 1000 genitori, il secondo da 600 donne. Le conclusioni dell’indagine possono essere così sintetizzate:
- Nel 2019 è aumentato il numero dei genitori che conoscono il virus passando dall’85,1% del 2017 all’88,3%, di cui il 94,8% sono donne. Ad essere più informate sono le persone con un livello di istruzione superiore (91,4%). Un terzo dei genitori continua a pensare che il virus colpisca solo le donne e solo un 42,6% sa che il virus è responsabile dei condilomi genitali.
- Le maggiori informazioni sul virus arrivano da internet, nel 26,7% dei casi, dai depliant e dalle campagne informative (26,3%), e solo per un 25,6% dai servizi vaccinali delle Asl, dove fisicamente si effettua il vaccino contro il virus.
- Rispetto alla rilevazione del 2017 i media stanno perdendo peso nel diffondere informazioni. Nel 2017 i media tradizionali venivano indicati dal 44,2% del campione interpellato. Oggi vengono indicati da appena il 40,1%. Mentre internet e i social network sono passati dal 30,7% al 26,7%.
- Il pap-test è sicuramente lo strumento di prevenzione che è entrato a far parte dei comportamenti abituali delle donne italiane. È conosciuto dal 90,2% dei genitori e dal 94,6% delle donne. Mentre solo il 50,8% dei genitori conosce l’Hpv-test, strumento in grado di individuare precocemente l’infezione e non la lesione da Hpv che rappresenta invece una condizione già più avanzata. L’87,1% delle donne ha affermato che il proprio ginecologo ha consigliato loro il pap-test, mentre solo al 35,7% dei casi è stato consigliato di effettuare l’Hpv test.